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Walter Lopez, ex terzino del Lecce, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo ed ha rilasciato una lunga intervista a TuttoMercatoWeb, nella quale ha parlato del suo passato e del suo futuro. 

Quando ha maturato l'idea di lasciare il calcio?
"Fino a poche settimane fa ero totalmente concentrato sui playoff con la Triestina, dispiace ancora pensare alla sconfitta in casa con il Palermo e al pareggio al Barbera al termine di una prestazione di un certo livello. Non posso dire che sia una scelta improvvisa, praticamente non ho più cartilagine attorno al ginocchio e dovevo salvaguardare la mia salute. Dispiace, certo, perché potevo fare un altro anno. Ma ora sono carico per la nuova avventura".

In che veste vedremo Lopez nel mondo del calcio?
"Sarò un intermediario sportivo e collaborerò con procuratori e società sperando di portare in Italia anche qualche talento sudamericano che ha necessità di esprimersi in un campionato comunque di livello come il nostro. Sono già in contatto con 3-4 società, cammin facendo deciderò se portare avanti un percorso autonomo o proseguire su questa strada. Ho maturato una certa esperienza nel mondo del calcio e questo mi aiuterà molto, ho una serie di rapporti che coltiverò giorno dopo giorno".

Inevitabile ripercorrere un po' le fasi salienti della sua carriera, specialmente dal suo arrivo in Italia...
"Devo dire che la doppia promozione con il Benevento regala sempre delle emozioni speciali, era una piazza che da tanto tempo desiderava il grande salto e noi riuscimmo a sovvertire ogni pronostico. Ma devo dire grazie a tutte le società in cui ho giocato: sono partito da Brescia nel 2003, poi ho indossato con orgoglio le maglie di Lecce, Spezia, Ternana, Salernitana. Togliendomi belle soddisfazioni".

Rammarico per come si è chiusa l'esperienza a Salerno?
"No, sento mia la promozione in serie A. La società fece un bel gesto, telefonandomi durante i festeggiamenti e inviandomi la medaglia dei campioni. Ho apprezzato. Si può dire quello che si vuole, ma quella proprietà era solida, di cuore e ha riportato Salerno in alto. Quando arrivai, nel 2019, trovai una situazione molto complicata. Proprio per questo passare dalla quasi retrocessione in C a ridosso del centenario alla fascia di capitano e alla promozione in A è una gioia doppia. Soprattutto in una piazza incredibile e straordinaria come Salerno. E' vero, andai via a gennaio e mi dispiacque, ma lasciai una squadra seconda in classifica e avevo giocato praticamente tutte le partite".

C'è un rammarico?
"20 anni di carriera e sette campionati vinti, sarei anche presuntuoso se parlassi di rimpianti. Certo, mi avrebbe fatto piacere giocare nella serie A italiana e indossare maggiormente la maglia della mia nazionale. Però la B che ho fatto lì era davvero di livello altissimo. Magari potrò essere utile all'Uruguay in questa mia nuova veste, avere un rapporto costante con la Federazione e con tanti talenti a caccia di una opportunità mi renderebbe orgoglioso".

Può raccontare qualche aneddoto?
"Potremmo star qui a parlare per tre giorni. Mi rimase impresso l'atteggiamento del pubblico del Benevento, paradossalmente festeggiarono di più dopo la vittoria del campionato di C che quando andammo in A. Evidentemente, dopo decenni d'attesa, quell'esplosione di gioia fu liberatoria".

C'è già qualche calciatore che si sente di consigliare a qualche squadra italiana?
"3-4 profili interessantissimi, ma preferisco non fare nomi. Ne ho parlato con qualche direttore sportivo, in alcuni casi mi hanno detto che non conoscevano questi calciatori e sono rimasto sorpreso. E' il loro lavoro, consiglio di seguire maggiormente i campionati sudamericani perché sono ricchi di talenti. A breve mi riprometto di incontrare qualche dirigente per proporre una sorta di collaborazione".

In Uruguay è pieno di talenti, perché in Italia dovrebbero scommettere su di loro?
"Mentre in Italia a 24-25 anni vieni considerato ancora giovane e acerbo, sbagliando, lì in Uruguay non si perde molto tempo: a 19 anni, se sei bravo, vai in campo e ti danno la possibilità di dimostrare il tuo valore. Significa che arriverebbero nel campionato italiano con un bagaglio d'esperienza tale da poter incidere da subito. Io spero di poter essere incisivo in questa nuova veste, perché conosco perfettamente il valore di moltissimi giocatori sudamericani e, allo stesso tempo, sono ben agganciato in Italia per tutte le conoscenze che ho acquisito nel mio percorso".

Cosa pensa del momento che vive il calcio italiano?
"Ci si meraviglia della sconfitta interna con la Macedonia, ma il campanello d'allarme suona da tanto tempo. Il quadro è chiaro: in Italia arrivano stranieri quando sono in età avanzata, mentre i giovani talenti italiani decidono di andare all'estero nel momento clou della loro carriera. Fino a quando non si investirà seriamente in infrastrutture e vivai parleremo sempre delle stesse cose, bisognerebbe seguire di più modelli come Atalanta, Spezia e Roma che sono un punto di riferimento anche per chi si appresta a fare il mio nuovo lavoro".

Allora si riparte, sotto un'altra veste...
"E sono carico e motivato. Il campo non mi manca, ho fatto il mio e sono orgoglioso. Sono arrivato in Italia nel 2003, fui subito titolare al Brescia. Ovunque sono andato mi sono tolto soddisfazioni e non posso guardare al passato con dispiacere. Ora sono intermediario calcistico e questo ruolo è fondamentale perché consente di essere un tramite tra le società, i direttori sportivi e i procuratori. E' un modo per allargare gli orizzonti, per rilanciare talenti che hanno solo bisogno di fiducia. Spero di essere all'altezza, darò il massimo con la grinta di sempre".

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