Segui in diretta la conferenza stampa di Corvino e Trinchera
Live le parole dei responsabili dell'area tecnica del Lecce

Live le parole dei responsabili dell'area tecnica del Lecce
Il direttore dell'area tecnica del Lecce Pantaleo Corvino e il direttore sportivo Stefano Trinchera parleranno ai microfoni della sala stampa nella consueta conferenza di fine stagione. Aggiorna la pagina per leggere in diretta le loro dichiarazioni.
Prende la parola Corvino
Scusate se la conferenza arriva un po’ tardi. Di solito, ci ritroviamo a fine anno per fare il punto sul percorso dell’area tecnica: parliamo della prima squadra, della Primavera e del settore giovanile.
Nel tracciare un bilancio della stagione per quanto riguarda l’area tecnica, posso dire che è stata positiva. Per squadre come la nostra, chiamate a lottare per non retrocedere, la stagione è come stare sulle montagne russe: ci sono alti e bassi continui. Ma se si è lucidi, capaci, se si ha una squadra forte e che si è rafforzata nel tempo, allora si può raggiungere la salvezza. Altrimenti, no.
Siamo sempre consapevoli di partire con diversi metri di svantaggio rispetto agli altri, ma se oggi siamo qui a raccontare una salvezza storica, significa che abbiamo fatto qualcosa di importante, qualcosa che rimane nella storia, proprio come ogni traguardo significativo.
Purtroppo, quest’anno abbiamo vissuto anche momenti drammatici, come la perdita di Graziano. La sua scomparsa è stata per noi del Lecce, per la sua famiglia e per tutto il mondo del calcio un evento scioccante e traumatico, che ha lasciato un segno profondo. Non mancheremo mai di commemorarlo, perché riconosciamo l’importanza anche di chi lavora dietro le quinte, spesso lontano dai riflettori e noto solo a pochi intimi.
Non perderemo mai l’occasione di ricordare non solo Graziano, ma anche tutti coloro che hanno lasciato prematuramente la famiglia Lecce. Personalmente, ho vissuto anche la morte di Davide Astori: insieme a quella di Graziano, sono i due eventi che mi hanno colpito e sconvolto più profondamente.
Sul futuro di Giampaolo
La figura dell’allenatore è centrale: tutti vogliono sapere, giustamente, novità su questo fronte. Provo ad anticipare qualche domanda, prima di entrare nel merito della stagione. Confermo quanto già detto dal presidente Sticchi Damiani: siamo realmente soddisfatti del risultato ottenuto e questa salvezza ha gratificato sia noi che Giampaolo.
È stata una scelta difesa con forza da tutti noi, contro tutto e tutti. Dopo la sconfitta di Como, probabilmente nemmeno Giampaolo si aspettava di essere confermato. E invece abbiamo deciso di portare avanti una scelta presa in corso d’opera, con l’obiettivo di raggiungere la salvezza, un traguardo che ogni anno rappresenta una vera impresa.
Alla conferenza di presentazione avevamo detto che Giampaolo era l’uomo giusto per portarci alla salvezza, nonostante le difficoltà. E così è stato. Quando una società compie una scelta in corsa, spesso non ha il tempo di valutare tutte le sfumature o i dettagli tecnico-tattici che una realtà come il Lecce invece tiene in grande considerazione.
Come ha detto anche il presidente, tra persone intelligenti è facile trovare un punto di incontro. Anche gli allenatori, come le società, hanno una propria linea tecnico-tattica. Da responsabile dell’area tecnica, insieme a Trinchera, posso dire che un allenatore non sempre condivide in pieno le idee societarie, ma va difeso se si ritiene che sia la persona giusta. E capita, come in questo caso, che un tecnico intelligente come Giampaolo, dopo 13 risultati negativi, abbia la lucidità e la disponibilità per cambiare sistema e ottenere il risultato.
Siamo riusciti a centrare la salvezza anche mantenendo i conti in ordine, un risultato non scontato. In Serie B, molte squadre non riescono in questo. Il Centro Studi ha certificato che il Lecce è oggi la società più sostenibile in Italia e la nona in Europa. Alla fine il risultato conta, ma conta anche il modo in cui viene raggiunto.
Con Giampaolo c’è stato uno sforzo reciproco, soprattutto nel finale, che è stato traumatico per tutti. Siamo stati fortunati ad avere una squadra forte: con il livello attuale della Serie A, sarebbe stato difficile salvarsi altrimenti. Basti pensare alle neopromosse: il Como, che ha speso tantissimo — cifre che diventano debiti se non supportate da ricavi adeguati —, il Venezia, che ha speso poco meno, e il Parma, che ha investito a sua volta in modo importante.
Il calcio è fatto di idee, di scelte e di convinzioni: bisogna credere in quello che si è fatto e in quello che si intende fare. Abbiamo raggiunto l’obiettivo, e lo abbiamo fatto attraverso un lavoro sano, fatto di programmazione.
Con Giampaolo ci siamo presi del tempo per riflettere, e nei prossimi 3-4 giorni della prossima settimana comunicheremo qualcosa in più sul futuro della guida tecnica.
Una analisi sulla stagione
Penso che stiamo vivendo tutti una favola, un sogno, che ancora una volta ci ritroviamo a raccontare. Quello che stiamo facendo, e soprattutto come lo stiamo facendo, ha davvero il sapore di una bella favola.
È naturale che, raggiungendo i risultati che abbiamo ottenuto negli ultimi tre anni, si generi entusiasmo: il primo anno siamo usciti ai playoff, il secondo abbiamo vinto il campionato, e ora ci prepariamo al quarto anno consecutivo in Serie A. Parliamo di 152 partite in massima serie, durante le quali il Lecce è stato quasi sempre fuori dalla zona retrocessione. Sono numeri importanti.
Ma non possiamo vivere solo di ciò che abbiamo fatto: l’obiettivo è migliorarsi sempre, perché altrimenti la favola finisce. Ogni stagione lottiamo contro avversari spesso più forti, come Davide contro Golia. E finora abbiamo vinto. Ma se commettiamo errori, soprattutto dal punto di vista comunicativo, rischiamo di interrompere noi stessi questa favola.
Essere chiari e sostenerci a vicenda ci permette di percorrere una strada senza rimpianti. Se invece sbagliamo nel comunicare, rischiamo di alterare la percezione della realtà, di trasmettere informazioni sbagliate ai tifosi — e per noi, questo è un punto fondamentale.
Quando comunichiamo cosa si può fare e cosa no, a volte ci esprimiamo male, o veniamo fraintesi. Questi fraintendimenti vanno limitati. Una comunicazione corretta vuol dire spiegare cosa si è fatto, come lo si è fatto e cosa si intende fare, parlando con trasparenza alla società, ai tifosi, ai dirigenti, a tutti.
Saverio mi ha chiamato per iniziare un percorso da una situazione molto complessa, con un Lecce in difficoltà sia tecnica che finanziaria. Ho accettato perché mi ha convinto lui. I direttori si giudicano per ciò che fanno e per come lo fanno. E oggi possiamo dire di essere passati da una società in difficoltà a una delle più sane d’Italia. Questo è frutto di programmazione, che è il metodo più difficile da perseguire, ma anche il più solido.
Essere oggi una delle società più in salute d’Italia, sia con la prima squadra che con la Primavera (che affronterà il suo quinto anno di Serie A), è motivo di grande orgoglio. Lo abbiamo fatto senza prestiti, attraverso la patrimonializzazione: chi è arrivato in prestito è stato scelto perché c’erano dubbi su altri profili e perché ogni investimento va calibrato con attenzione.
Una comunicazione sana parte dal racconto di dove siamo partiti, evitando messaggi ambigui o mal interpretati. Ad esempio, quando abbiamo parlato di asticella, non volevamo dire che a marzo o aprile eravamo già salvi, ma volevamo trasmettere la volontà di essere più competitivi, perché le squadre salite dalla B lo erano. Anche lì, abbiamo sbagliato a esprimerci.
Così come è stato frainteso il messaggio del presidente sull’Europa League: l’intento era ribadire che il nostro obiettivo resta la salvezza, ma cercando di sbagliare il meno possibile. Noi partiamo sempre ultimi, ma non per demerito nostro: perché le altre squadre hanno più risorse. Basti pensare che quest’anno sono saliti il Pisa, che ha annunciato 30 milioni di investimento, la Cremonese e il Sassuolo, il cui presidente è tra i più ricchi d’Italia.
Noi non possiamo far passare il messaggio che ci salveremo “tranquillamente”. Noi lotteremo, come sempre. E chi crede in questo progetto può seguirci, abbonarsi, sostenerci. Chi invece ha dubbi sulla nostra programmazione, è libero di fare altre scelte. Ma se saremo chiari nella comunicazione, nessuno potrà rimproverarci nulla.
Siamo onesti e sinceri: non siamo un fondo ricco, ma facciamo grandi sforzi, mentre altri — appena promossi — fanno più di noi. Solo attraverso un club sostenibile, che vive di patrimonializzazione e non di debiti, possiamo continuare a crescere. I ricavi da TV o da stadio non bastano: serve un’area tecnica che costruisca valore.
E fino a che un giocatore desidera restare, va bene. Ma se decide di partire, dobbiamo essere consapevoli che una cessione può aiutare economicamente il club. E questo fa parte del nostro equilibrio.
Sul settore giovanile
Anche nel settore giovanile, il ciclo di crescita dovrebbe durare molto più a lungo. Eppure, in questi cinque anni, siamo riusciti a raggiungere grandi risultati sul campo e a portare diversi ragazzi in prima squadra.
Ora abbiamo iniziato a lavorare in maniera più silenziosa anche su tutta la filiera del settore giovanile. Ci sono figure di riferimento come D'Amblè, che segue l’Under 18, ma il coordinamento generale lo seguo anch’io, pur non essendo il responsabile diretto. Dietro alla Primavera, ci sono tanti ragazzi partiti dai Pulcini che oggi sono arrivati agli Esordienti e agli Allievi: i frutti del lavoro fatto negli anni passati stanno iniziando a maturare.
In questi anni, nessun calciatore salentino è riuscito a emergere davvero nel calcio che conta. Ma qualcosa sta cambiando: con l’Under 14, ad esempio, siamo arrivati alle finali nazionali, competendo con otto top club italiani. Nel nostro girone c’erano Napoli, Lazio e Roma. Abbiamo pareggiato con la Lazio, pareggiato in trasferta con la Roma e vinto 3-1 a Napoli. Nonostante ciò, siamo stati eliminati per differenza reti: un segnale comunque importante della crescita del nostro vivaio.
Stiamo seminando da tempo e, ne sono certo, raccoglieremo i frutti. Con il presidente Sticchi stiamo lottando per modificare alcune regole che, al momento, penalizzano i club più piccoli nel settore giovanile.**
Per questo voglio ringraziare tutte le famiglie e i genitori che ci stanno dando fiducia. Oggi, con il libero tesseramento in alcune fasce d’età, molti ragazzi potrebbero scegliere settori giovanili più blasonati o più ricchi. Invece restano con noi, e questo ci responsabilizza ancora di più: significa che credono nel nostro progetto, anche se altrove potrebbero ottenere qualcosa in più, almeno nell’immediato.
L'anno prossimo sarà il quinto anno in A per la primavera, con un titolo vinto e con quattro ragazzi portati in prima squadra. Questo può essere raggiunto solo con la programmazione.
Lo striscione contro il Torino
Quello che succede a me succede a tutti coloro che hanno una responsabilità. Le critiche sono ben accette, perché servono a stimolarti a fare meglio. Devo ringraziare chi, con le critiche, mi ha aiutato a crescere.
Per quanto riguarda gli striscioni, non voglio commentare. Voglio solo dire una cosa: a casa conservo uno striscione della Curva con scritto 'Corvino vinci'. E io continuerò a lottare solo per quello striscione.
Una squadra difficile da decifrare per Sticchi Damiani
Ha ragione da vendere. Se questa squadra non fosse stata forte a tutti i livelli, non si sarebbe salvata, soprattutto considerando il livello del campionato. Mi dispiace che questo aspetto venga spesso sottovalutato, perché con Trinchera parliamo spesso del fatto che, quando alcuni elementi della squadra – che sanno cosa fanno – vengono presi di mira, c’è il rischio che qualche giocatore si demotivi.
Ma sappiamo bene che i calciatori che scegliamo devono avere determinate caratteristiche. Siamo consapevoli anche noi di poter sbagliare: altrimenti si rischia di ritrovarsi con tanti giocatori che vogliono andar via perché non si sentono a loro agio.
Il lavoro di un club è anche questo: far capire ai giovani che tutti possono sbagliare e saperli sostenere nei momenti difficili. Qui i giocatori devono sentirsi a proprio agio, soprattutto quando le cose non vanno bene. A fine stagione si tirano le somme, ma non ci si può sfaldare nel momento del bisogno.
Su cosa si mantengono le riserve su Giampaolo
Io facevo riferimento all’idea della società di fare calcio, in generale, considerando Giampaolo ma anche chi è arrivato prima di lui. E quando parlo di situazioni tecnico-tattiche, non significa che imponiamo qualcosa, ma che scegliamo allenatori che si avvicinano maggiormente al nostro credo tattico.
Poi, se abbiamo un giocatore che vale 30 milioni – su cui abbiamo detto di no – e lo vediamo impiegato da centrocampista, a scapito di un centrocampista vero e importante, allora sì, lì interveniamo. Perché significa che si sta alterando il nostro progetto tecnico. Se, ad esempio, vediamo Dorgu mezzala e lasciamo Coulibaly in panchina, vuol dire che qualcosa non va. È successo anche contro l’Empoli, e in quei casi dobbiamo intervenire.
Quando si entra nella fase decisiva del campionato, in cui tutte le squadre esprimono al massimo le proprie caratteristiche, serve fare riflessioni profonde, da entrambe le parti.
Dopo la sconfitta con il Como, ero sicuro che nemmeno Giampaolo pensasse di restare, come molti tifosi del resto. Ma noi siamo stati perentori: abbiamo difeso la nostra scelta. E infatti, nelle partite successive, abbiamo vinto a Roma, contro il Torino, e pareggiato con l’Atalanta. Ma risultati del genere si ottengono solo se hai una grande squadra.
Dove intervenire la prossima stagione
Sono numeri importanti quelli che abbiamo raggiunto, e ci riempiono di orgoglio, soprattutto perché ottenuti nel nostro territorio. Questo sarà il mio tredicesimo anno nel Lecce, in cui abbiamo disputato 9 campionati di Serie A, ottenendo 7 salvezze. Oggi conto 291 presenze in Serie A, un record storico per chi è nel Lecce, e l’anno prossimo arriveremo a 329.
Nel calcio ho avuto un maestro, perché non sono geloso né dei miei colleghi né di chi mi ha insegnato. Ho disputato 1.250 partite nei professionisti, forse il numero più alto in Serie A. Stamattina è uscito un dato che mi ha fatto pensare proprio al mio maestro. Quando si racconta la storia del Lecce, spesso si citano presidenti, direttori, ma lui non viene mai nominato.
Eppure chi entra in questo stadio dovrebbe vedere la storia del Lecce attraverso i suoi protagonisti. E in questo stadio manca una figura come Mimmo Cataldo, il mio maestro: una persona che ascoltavo in silenzio. È stato direttore del Lecce per 22 anni, con 5 campionati di Serie A e due salvezze, compresa la prima Serie A del Lecce.
Chi è venuto nel mio ufficio forse non se ne è accorto, ma su un pilastro c’è una foto: io e Cataldo a Firenze, dove spesso veniva a trovarmi. Quella foto la porto sempre con me. E oggi chiedo che venga messa anche allo stadio, per essere certo che, quando non ci sarò più, ci sia anche una parte di me nella storia del Lecce. Per quanto riguarda i numeri negativi, ovviamente possiamo sbagliare qualcosa, ma conta solo il risultato e, considerando anche il poco tempo che abbiamo avuto a disposizione, forse abbiamo fatto anche pochi errori.
I giocatori in scadenza
Ci sono calciatori che sentono il desiderio di mettersi alla prova altrove. Da parte nostra, cerchiamo sempre di far loro capire che, a volte, certe tensioni o dichiarazioni fuori luogo nascono da un eccesso di passione tipico del popolo salentino. Tuttavia, capita che alcuni di questi calciatori decidano comunque di voler andare via perché non si trovano pienamente a loro agio.
Quando siamo partiti, eravamo come una cristalleria fragile; oggi, invece, siamo una società più solida e strutturata. Proprio per questo, possiamo anche permetterci di accontentare certe richieste, purché ci siano condizioni che vadano incontro anche alle nostre aspettative e che rientrino nei parametri della nostra sostenibilità.
In questo momento, possiamo trattenere i nostri calciatori, ma non possiamo trattenere chi manifesta chiaramente la volontà di andare via, come accaduto nel caso di Dorgu.
C'è bisogno di compattare ancora di più il gruppo squadra
Io faccio fatica a pensare che nella vita non si possa migliorare. Ma se penso agli obiettivi che abbiamo raggiunto, come potrei non riconoscere che questi sono stati gruppi straordinari?
Molti dimenticano che la proprietà si impegna fortemente per mantenere una squadra in Serie A, per sostenere un settore giovanile che compete alla pari con realtà ben più strutturate, e anche una squadra femminile. Tutte le risorse che riusciamo a mettere insieme sono destinate esclusivamente al bene del Lecce.
Ovviamente, ci sono tante cose da migliorare – ma è così per tutti, anche per chi vince gli scudetti. La voglia di crescere non deve mai venire meno.
Per Trinchera: la situazione Maleh
Questa stagione chiude il cerchio di una stagione un po' complicata, nonostante l'obiettivo raggiunto. Mi piace l'idea di un ambiente compatto non solo quando si vince, ma anche quando, se non soprattutto, quando si perde. Sembra tutto scontato, ma abbiamo fatto l'ennesima impresa: detto questo, Maleh è un nostro tesserato, l'Empoli ha il diritto di riscatto ed è un giocatore che nell'Empoli è un titolare inamovibile. Ora che recupererà dall'infortunio faremo le dovute valutazioni.
Quanto budget per la prossima campagna acquisti
Ora ci siamo presi un po' di riposo, per focalizzare la stagione appena conclusa. Settimana prossima parleremo di tutti questi aspetti. Ne approfitto perchè ho visto uno striscione che commemorava la morte di un nostro ultras, Giovanni Colonna: a nome di tutta la società siamo vicini alla sua famiglia.
Cosa si intende per credo tattico
Il tifoso, in quanto tale, deve avvertire un sentimento verso la propria squadra in base a ciò che vede in campo, e poi decidere se venire allo stadio oppure no.
Già è difficile avere un’opinione comune sulla programmazione tecnica quando si ragiona in due o tre persone, figuriamoci con i tifosi, che sono migliaia. Ognuno ha la propria visione.
Oggi, se non esiste una linea guida da seguire, qualsiasi tipo di management è destinato a fallire. Una linea serve, anche se può portare a risultati giusti o sbagliati. Ma se questa linea, che abbiamo adottato, si è rivelata finora la migliore, perché dovremmo cambiarla?
Se, quando vengo chiamato a una direzione tecnica, seguo una strada che mi ha portato dalla Terza Categoria alla Champions, significa che quella strada è giusta, e cerco di portarla avanti con persone che la pensano come me.
Poi, ovviamente, se qualcuno mi propone di cambiare e ottiene risultati migliori, sono il primo a essere disposto a farlo. Ma se uno vuole cambiare, però scombina la squadra e si trova terzultimo, allora sì: intervengo. Voglio vedere sempre una squadra verticale, che giochi in velocità e con tanta intensità: quando vado a cercare l'allenatore cerco queste caratteristiche, e se un allenatore ha una idea diversa me la deve dimostrare tramite i risultati, altrimenti…
Per Trinchera: su Marchwinski
Il suo acquisto è figlio di una visione dell'allenatore che aveva chiesto di trovare un giocatore con le sue caratteristiche da poter inserire nel suo sistema tattico. Parliamo di una ragazzo, come visto contro il Nizza, che è molto giovane ma ha i colpi. Ha avuto un duro infortunio e sta recuperando a Bologna: si sente vicino al recupero, ma parlare adesso del suo futuro è prematuro.
Cosa lo ha deluso in questa stagione
Il tifoso vive per vincere e per vincere bisogna fare gol. Noi abbiamo portato in questi anni attaccanti molto forti sotto questo punto di vista, come Piccoli e Krstovic. Quest'anno siamo stati accusati di non avere un attacco all'altezza, ma se andate a vedere il reparto offensivo delle 20 squadre di A, in pochi hanno la somma gol dell'attacco del Lecce, tra Krstovic, Pierotti, Dorgu e Morente. Cosa posso rimproverare a loro? Possiamo rimpoverarci una squadra che con centrocampisti e difensori non sono stati messi in grado di segnare. Quando presentai Coulibaly dissi che poteva giocare anche offensivamente, perchè in Italia il primo club che lo cercò fu il Lecce in B, ma non lo tesserammo perchè non salimmo in A e per dinamiche di tesseramento. Noi abbiamo calciatori che potevano essere messi in condizione di segnare, ma non è stato fatto: avevamo ad esempio Baschirotto, che il primo anno ha fatto tre gol, mentre quest'anno, prima del Venezia, non aveva mai segnato, ma potenzialmente tanti giocatori possono andare a segno. Lo stesso discorso vale per Helgason, su cui mi sono sempre battuto. Ma sull'attacco non credo si possa dire niente, e mi riferisco anche alle riserve, come Karlsson e Rebic, che con i loro due gol ci hanno portato due punti fondamentali nella lotta per la salvezza.
Poteva essere raggiunta prima la salvezza?
Siamo una squadra che ha vissuto episodi negativi: pali interni, traverse, rigori non concessi o altri torti che ci hanno penalizzato più di altre.
Ma senza avere alle spalle una squadra forte, unita e attaccata alla maglia, non avremmo mai raggiunto questo risultato — come dimostrato anche nella partita contro la Lazio, soprattutto nel secondo tempo.
Non mi rimprovero nulla: la squadra ha dato il massimo, considerando le difficoltà del campionato e gli episodi sfavorevoli. Se andate a vedere le squadre che lottavano per non retrocedere, contro tutte abbiamo fatto punti. Le difficoltà le abbiamo avute contro le grandi, mentre negli anni precedenti proprio con le big riuscivamo a fare meglio, giocando in modo più 'operaio', più concreto, badando meno all'estetica.
Un giocatore sul mercato da trovare nel mercato
Noi avevamo Helgason che chi lo ha avuto ha sempre detto che sa battere le palle inattive, ma da noi è stato messo fuori rosa. Così come Karlsson. Noi facciamo quello che è possibile, ma a volte possiamo riuscirci, altre meno.
Un retroscena sulle richieste per Krstovic
Dal momento che siamo un club in salute, posso dirvi che se nessuno ci chiede di andare via, noi non cediamo nessuno. A gennaio abbiamo avuto richieste importanti per lui, che sarebbero state utili per il nostro progetto, ma siamo talmente in salute che se un giocatore non vuole andare via lo teniamo, ma se domani lo stesso giocatore mi dice che vuole essere ceduto, cerchiamo di accontentarlo. Così come chi è qui da più tempo, perchè non possiamo permetterci giocatori che stiano qui controvoglia: abbiamo bisogno di una squadra intensa e vogliosa di lottare per l'obiettivo.
Ancora sulla sterilità offensiva e sui meriti di Corvino in questi quattro anni
Intanto parliamo dell'attacco. Se parliamo del reparto che fa gol non sono d'accordo, perchè è uno dei più prolifici dell'intero campionato. E' la squadra che ha fatto pochi gol, ma quello non c'entra niente con l'attacco, e può dipendere da tanti fattori. Nel reparto offensivo non possiamo dire di aver sbagliato l'attaccante, perchè è il settimo goleador del campionato, mentre per trovare esterni che hanno i numeri di Pierotti, Morente e Dorgu, solo le big hanno fatto meglio di noi. Mentre per quanto riguarda i gol dei centrocampisti e i difensori ci sono altri fattori che sono importanti.
Io scherzosamente a volte dico la mia di verità: molte volte nei libri di storia del Lecce si parla di tutti, ma non dei direttori sportivi, come nel caso di Cataldo, che ha fatto 166 partite in A e a cui stato dedicato solo un trafiletto. Di Corvino, con i numeri che non voglio rinominare, non c'è traccia in nessuna pagina. Chi deve raccontare la storia la deve scrivere così com'è e se quando si parla della storia del Lecce e vedo i calciatori e il presidente, ma non vedo il nome mio o di Cataldo, così come quello di nessun altro direttore sportivo, allora lì esce fuori il mio orgoglio.