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Peppino Palaia, responsabile sanitario del Lecce, ha parlato a Il Nuovo Quotidiano di Puglia della ripartenza degli allenamenti e del campionato. Questo il suo pensiero: "Sono sempre stato dell’idea che le precauzioni, in caso di positività, devono essere uguali per tutti, sia per il soggetto normale che per l’atleta. Che si tratti di un cittadino comune o di un atleta ha poca rilevanza, le precauzioni per evitare il contagio valgono in tutti e due i casi. Quindi, quarantena per il soggetto Covid positivo e quarantena per chi ha avuto contatti con questa persona. Il gruppo-squadra dovrebbe essere asettico dopo le valutazioni di base, quindi test sierologici e molecolari (tamponi), e chiaramente vivere in un contesto privo di contaminazioni esterne".
Palaia prosegue: "Vorrei fare una considerazione. In presenza di un infortunio inevitabilmente l’atleta è costretto a lasciare il ritiro per andare ad effettuare i necessari esami strumentali. È chiaro che tutto si può fare con molto buon senso ma non possiamo parlare in questo caso di asetticità. Protocollo consegnato all'ultimo? È chiaro che siamo al limite e addirittura adesso il tempo che ci separa dall’inizio del ritiro blindato è molto compresso. Quindi, l’espletamento di tutte le valutazioni necessarie dovrà essere fatto in tempi brevi. Ma posso assicurare comunque che noi del Lecce calcio non abbiamo alcun timore. D’intesa con la società, infatti, abbiamo già tracciato la strada da seguire e rispetteremo tutti i tempi previsti. Tutto inutile in caso di nuovo positività? Se si parte in questo modo indubbiamente il rischio è notevole perché nessuno può preventivare una positività. Nel caso in cui il contagio dovesse verificarsi a campionato ripreso, a quel punto non solo la squadra interessata ma anche quella avversaria dovrebbe andare in quarantena. Significherebbe quindi fermare di nuovo il campionato. Responsabilità civile dei medici? Ho sempre considerato il medico un anello debole poiché nonostante le tante battaglie fatte in questi anni non abbiamo mai ottenuto un contratto federale come altre figure del calcio. Questo ci pone quasi in una situazione di inferiorità e in questo caso specifico risalta maggiormente la debolezza della nostra figura. Dovremo assumerci la responsabilità visto che il Covid è considerato dall’Inail una malattia professionale. E con noi anche il datore di lavoro che nella fattispecie è il presidenteSciopero o dimissioni? No. Chi ha parlato finora (il dottor Castellacci, ndr) lo ha fatto per conto dei medici di serie B e C. Noi medici dei club serie A, che poi siamo quelli interessati in questa fase, valuteremo tutto con molta serenità dopodiché faremo le nostre considerazioni ma senza inasprire il problema".
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