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Morten Hjulmand, centrocampista del Lecce, si è raccontato in un podcast a cura di Michael Hehr pubblicato da spillerforeningen. Il giornalista ha parlato della storia del centrocampista danese, che ha avuto un periodo difficile durante la sua adolescenza. Il suo corpo non ha compiuto lo sviluppo dei suoi compagni ma alla fine il classe ’99 è riuscito a diventare un calciatore professionista ed arrivare in Nazionale. 

Ecco le parole del giornalista: 

"Morten ha sempre giocato per se stesso, per amore dello sport. Questo è ciò che lo ha aiutato nei periodi difficili della sua giovinezza, quando il fisico lo ha ostacolato nella sua crescita e nella sua autostima.

Tecnicamente e tatticamente Morten è sempre stato tra i migliori. Ma quando lo sviluppo fisico di Morten si è fermato è stato superato dalla maggior parte dei suoi compagni. 

Solitamente ai giocatori talentuosi si chiede di giocare con i compagni più grandi mentre a Morten, a 16 anni, hanno chiesto di giocare con l’Under 15 per acquisire fiducia nei propri mezzi. 

Da una parte ha rappresentanto una sconfitta doversi allenare con i più piccoli ma dall’altro gli ha permesso di migliorare e crescere". 

Ecco le parole di Hjulmand su quanto raccontato dal giornalista: 

" Il primo incontro che ho avuto con loro, ho pensato: "Che diavolo sta succedendo?", "Perché dovrei giocare con qualcuno che ritengo sia peggio di me e che sia anche più giovane di me?". Ma quando sono tornato a casa e ho iniziato a pensare alle cose, ho potuto vedere bene che il piano che avevano preparato era quello giusto per me.

È stato il passo giusto per me, anche se è stato un po'... non so se si può dire imbarazzante, ma è stato un passo indietro per il giocatore che ero. Dovevo andare in campo e giocare con quelli più giovani. Alcuni dei miei compagni pensavano che fosse finita per me come giocatore dell'FC Copenhagen. Quando ero all'U15 ho dovuto prendere degli ormoni per accelerare la mia crescita perché ero molto indietro rispetto agli altri. Durante le vacanze estive sono cresciuto moltissimo. Per tutto l'anno sono cresciuto di 13 centimetri, quindi quando sono tornato non ero più il più giovane. E avevo un po' di muscoli sulle gambe e un po' di muscoli sulla parte superiore del corpo.

I primi mesi in Austria sono stati molto duri. Avevo 19 anni, ci sono alcuni giocatori che se ne vanno a 16 anni. Ma anche se avevo 19 anni, sentivo che era molto difficile. Mi ricordo che sono stato spesso solo in Austria per il primo semestre. Queste cose mi hanno reso un po' depresso nei primi mesi. Mi chiedevo: “perché devo sentirmi così solo per giocare a calcio?”. 

Sacrificare tante cose in casa per vivere come un calciatore professionista. Lì mi veniva spesso l'idea di voler tornare a casa. Mi chiedevo se fosse stata una cattiva scelta andare all'estero. Erano pensieri con cui mi confrontavo spesso quando ero solo a casa".

Ma Morten ha superato la solitudine. E quando si guarda indietro oggi pensa che quella sia stata la scelta giusta.

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