Il Lecce ha perso, ma da quelle parti non sanno che significhi
Chiedersi perché non avrebbe senso. Perché vincono sempre gli stessi. Perché il Dio del pallone aiuta sempre gli stessi. I perché lasciano il tempo che trovano. Sono cattivi compagni di viaggio i perché. Meglio rimanere in silenzio, guardare la dignità degli altri andare via, mentre si cerca di tenere stretta la propria.
C'è chi festeggia, è lontano ma le urla di gioia si sentono fin da qui. Sono ingenui, fintamente inconsapevoli, felici, non sanno che è solo questione di tempo, forse anche poco tempo, ed i giochi finiranno, saranno spazzati di via dai ricordi del passato, quel passato in cui si decideva del proprio futuro e di quello degli altri, conquistandosi l'odio di molti e la stima di nessuno. Saltano, cantano, ma è davvero cosi bello conquistare un traguardo in quel modo? Non lo sappiamo, non lo abbiamo mai vissuto ed è molto meglio.
C'è chi, invece, dall'altra parte sorride fiero, sebbene le ferite facciano terribilmente male. Bisogna lasciarle guarire le ferite, devono cicatrizzarsi e ci vuole del tempo, nulla passa subito. Loro hanno perso, ma in fondo cosa è davvero la sconfitta? Ditecelo perché non riusciamo mica a definirla. Forse ha a che fare con i numeri. I numeri si, ma la matematica ci ha sempre fatto schifo, così come le ingiustizie, la spocchia, la finzione ed il calcio, questo calcio, il vostro calcio.
Sarebbe bello se lo sport fosse reale, vero, intatto. Sarebbe bello vedere la voglia di vincere, il gusto di vincere. Ognuno potrebbe assaporare il valore della sconfitta. Ognuno potrebbe accettarla serenamente. Nessuna polemica, zero illazioni. Vinci perché sei il più bravo, il più forte, il migliore ed allora tutti in piedi ad applaudire, a rendere omaggio ai vincitori.
Più di tutto sarebbe bello sapere perché sorridono fieramente da quelle parti. Cosa hanno da ridere? Hanno perso. Si, ma lì non sanno cosa significhi.
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