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Una vita di alti e di bassi, di cadute e risalite, di vittorie e di sconfitte, insomma un’avventura continua.

Possiamo parlare così di Giampaolo Ceramicola, difensore del Lecce dalla stagione 1991/1992 a quella 1994/1995

La sua carriera è stata una continua ascesa. È cresciuto nel Riccione, poi Rimini, Pistoiese, Ancona, Brescia, Cesena, Bari, Salernitana prima di arrivare nel Salento, terra nella quale si è fermato per più anni, prima di chiudere la carriera con le sue ultime due esperienze a Reggio Calabria e Montevarchi.

Qualche mese fa l’ex difensore giallorosso ha raccontato le emozioni che ha vissuto con il Lecce, in un’intervista rilasciata ad altarimini.it: “Mi prese mister Bigon. All’inizio è stata dura perché avevo alle spalle l’esperienza di Bari e si sa che lì c’è una rivalità accesa tra le due piazze, i tifosi erano guardinghi.  Al secondo anno salimmo in serie A, l’unica mia promozione: allenatore quella gran persona di Maciste Bolchi che tuttora sento con affetto. Realizzai otto gol, non male. Col mister si era creata l’empatia giusta, poi mi avrebbe voluto portare a Cesena. Nella mia carriera ne ho collezionate 50 di reti più o meno, in tutti i modi: di testa, di piede, da lontano. Battevo anche i rigori. Ricordo quello in Bari–Lecce 0-1. Ma impagabile fu la rete del 2-1 al ritorno. I derby mi hanno sempre portato bene”.

Anche i tifosi del Lecce ricordano bene quei due gol nei derby ma soprattutto il suo attaccamento alla maglia e lo spirito di sacrificio che lo hanno sempre contraddistinto e lo hanno fatto entrare di diritto nel cuore della gente salentina.

Dopo aver appeso le scarpette al chiodo, Ceramicola ha iniziato la carriera di vice allenatore al fianco di Egidio Notaristefano, un altro ex Lecce. Il classe ’64 ha cominciato alla Spal e poi nel 2011 ha perso la finale play off con il suo Carpi contro la Pro Vercelli, sfiorando quindi la Serie B. Mentre si trovava in Emilia, però, nel novembre 2011 ha scoperto anche di avere un tumore al colon, l’ennesima battaglia della sua vita. Queste le sue parole sulla sua malattia riprese dall’intervista rilasciata ad altarimini.it: “Da tempo non stavo bene, ma non avevo mai approfondito, finché mi decido spinto da mia moglie ad una visita specialistica da un bravo chirurgo di Faenza, il dottor Filippo Pierangeli. La diagnosi è impietosa: mi danno tre mesi di vita. A Santo Stefano sono operato: mi asportano una bella fetta di intestino. Mi viene fatta una deviazione, mi sottopongo a cicli di chemioterapia al lunedì e al martedì ma continuo il mio lavoro al fianco del mister già una settimana dopo l’intervento con fatica ma col sorriso. Non potevo stare fuori, il campo era anche un modo per distrarmi. Ringrazio il ds e il presidente di allora, Giuntoli e Gaudì, due persone eccezionali: mi permisero di riprendere il mio lavoro. Sono sempre stato un animale, nel senso che non mi sono mai abbattuto, me lo hanno detto anche i medici, di natura sono un ottimista. A luglio altra operazione per eliminare il sacchetto. Ora mi controllo ogni sei mesi”.

Dopo Carpi ed un’esperienza difficile ad Alessandria, Ceramicola ha pensato di rimanere un po’ fermo ma in realtà una chiamata ha sconvolto presto i suoi piani. L’ex difensore del Lecce, infatti, ha ricevuto una proposta da Vittorino Mauri, con il quale aveva collaborato nella Rappresentativa Nazionale Dilettanti, e lo ha seguito in Senegal per allenare il Mbour Petit Cotè, la squadra di una città a 40 km da Dakar. Ad aprile, a causa del coronavirus, è rientrato in extremis in Italia grazie ad un aereo messo a disposizione dalla Farnesina mentre stavano chiudendo i confini. Adesso l’intenzione è ritornare lì e ricominciare un’avventura interrotta sul più bello.

Ceramicola è così, vive le avventure al massimo e l’esperienza in Africa è solo una delle tante che un giorno potrà raccontare con orgoglio.

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