Sassuolo, Palmieri: "La Superlega avrebbe spento i sogni. Con il mio settore giovanile..."
EX BOMBER
Francesco Palmieri, ex storico attaccante del Lecce, oggi è il responsabile del settore giovanile del Sassuolo ed ha raccontato i segreti del suo lavoro in un’intervista rilasciata a TuttoMercatoWeb.
LA SUPERLEGA – “La penso esattamente come il nostro ad Carnevali e De Zerbi. Nel calcio bisogna sognare, senza inventarsi qualcosa di strano dall’oggi al domani. Sono stati sbagliati anche i modi e i tempi. Devo dire che ieri sera mi sono piaciute molto le parole di Maldini, è stato un campione ed è un grande uomo. Quando si vuol proporre una novità, bisogna coinvolgere tutti e in più serve rispetto per tutti, questo è molto importante. A proposito di sogni, io a 17 anni giocavo in Promozione e a 30 in A. Devi poter poter coltivare il sogno. Tenendo sempre presenti anche la passione e i sentimenti dei tifosi”.
CALCIO GIOVANILE – “Voglia e passione. E avere una società che ti supporta. Noi abbiamo una gran proprietà, siamo cresciuti, abbiamo anche un ottimo centro sportivo che due anni fa ci mancava. Non abbiamo un gran ‘territorio’ a Sassuolo, non abbiamo cioè squadre della città che ci possano fornire ragazzi. Senza dimenticare che poi nella regione ci sono altri club come Bologna, Reggiana, Parma, Spal e Modena… Dobbiamo attingere fuori, farli crescere e cercare di portarli in pianta stabile in prima squadra”.
SASSUOLO - “Ho parlato domenica dopo la partita della Primavera e ho detto che anche quest’anno abbiamo 4-5 elementi che possono fare il calcio dei professionisti. Poi dipende da tanti fattori, anche da coloro a cui li mettiamo in mano. A 19 anni io ad esempio ero considerato di un certo livello, poi a 22 mi misero a fare il terzino poi a 25 anni ho ripreso per fortuna il mio percorso. In quel periodo ci sono state pure persone che non voglio neanche ricordare. Servono insomma anche le figure giuste per aiutare a crescere i giovani. Al Sassuolo abbiamo poi vari 2000 che sono in C a giocare e vanno alla grande anche se qualcuno ha qualcosa in più. Raspadori? È sempre stato forte, è nato qui in questa società e lo abbiamo aiutato a crescere. A differenza di altri, ha sempre avuto una mentalità diversa, è un ragazzo con grandi qualità e ha la testa che fa la differenza. Non ce ne erano tanti a 15 anni con quella mentalità: ne ho visto un altro solo come lui, che ora è al Carpi, Ghion. Erano all’epoca già due ometti. Raspadori è nato per giocare a calcio, ha tutto: destro, sinistro, difende palla. Si è adattato a fare anche l’esterno ma davanti fa girare la squadra e ripeto ha personalità”.
BILANCIO PERSONALE - “Tra un po’ farò 54 anni. Ho giocato in serie A e qualcuno mi ha rimproverato perché potevo far di più ma intanto ci sono riuscito; da dirigente mi sono tolto soddisfazioni anche se questo lavoro è particolare, hai meno visibilità ma ti stanchi di più perché fai 5 volte il lavoro di altri. Quel che ho fatto me lo sono guadagnato, conquistato. E nessuno mi ha regalato nulla nè da calciatore nè da dirigente. Penso peraltro di aver fatto una bella gavetta in quindici anni: iniziai al Parma con Berta e Zamagna, li aiutavo anche nel mercato…Ora comunque parliamo di tutti di settore giovanile ma sanno che chi si allena fa grandi sacrifici? Sanno dei pullmini che si muovono per andare a prendere i giocatori e portarli al campo e non solo? Bisogna conoscere le problematiche, ci si confronti con chi è davvero in prima linea. Tornando a me, faccio parte di una gran società: al momento giusto parlerò con l’amministratore delegato. Ci devono essere le condizioni per migliorarsi sempre, ci si parlerà e ci si confronterà. Il giorno che non avrò più queste ambizioni dovrò smettere, come ho fatto quando ero calciatore. Qui, in questi anni, abbiamo portato avanti un bel lavoro, dall’aspetto organizzativo ai giovani formati. Anch’io voglio che si possa continuare a migliorare, sia personalmente che globalmente”.