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Ci sono volute quattro sconfitte consecutive, condite da una marea di gol subiti, per far capire a Fabio Liverani che cambiare non è sinonimo di debolezza ma di intelligenza. Nella partita più complicata, contro i nerazzurri di Antonio Conte, il tecnico giallorosso ha deciso per la svolta: 3-5-2 a specchio; ripartenze veloci; non concessa la profondità ai micidiali attaccanti nerazzurri; pareggio meritato ed un punto in più in classifica. La verità è che a noi l'idea di calcio di Liverani piace molto: quel fraseggio tendente a tenere palla, la filosofia secondo la quale se la sfera è nella tua disponibilità difficilmente gli avversari possono impensierirti, le accelerazioni palla a terra fatte attraverso scambi di prima a conquistare le fasce, l'opportunità di entrare fin nell'area di rigore palla al piede attraverso triangoli e densità nelle zone già decise; tutti aspetti che ben conosciamo avendoli visti prevalentemente nello scorso campionato ed a sprazzi in questo. Quello che però non deve mai essere sottovalutato è che i codici di gioco che il tecnico predilige non possono prescindere da una tenuta atletica soddisfacente ed avendo a disposizione una rosa ben assortita, non falcidiata dagli infortuni o da stati di forma precari. Con queste condizioni il “bel gioco” non solo non si vede, ma invita l'avversario a farti male. Ben venga allora il cambio del sistema nelle difficoltà o contro squadre schiacciasassi come appunto l'Inter. Il giocare più coperti non significa necessariamente che più in là, con tutti gli uomini a disposizione (compresi i nuovi arrivi) e ben recuperati dagli infortuni, non si possa “stupire” nuovamente, adottando il sistema di gioco tanto caro all'allenatore. Basta saper attendere e capire quando è possibile applicarlo e quando invece diventa deleterio. Il capolavoro tattico di Fabio Liverani contro la corazzata milanese è stato un “gioiellino” da tenere custodito nell'album dei ricordi, come il pareggio strappato alla Juventus e quello conquistato contro il Milan: Donati spostato largo a sinistra ha praticamente annullato Candreva, Rispoli a destra è stata una spina nel fianco con le sue lunghe sgroppate, Lucioni, Rossettini e Dell'Orco hanno reso la vita impossibile a Lukaku e Martinez. "Superman" Gabriel ha dato sicurezza parando tutto il parabile e uscendo dai pali con tempismo. Un superbo Deiola, accompagnato da un Petriccione versione super e da capitan Mancosu (autore del gol del pareggio) schierati nella linea di centrocampo hanno rintuzzato e cercato di ripartire ogni qualvolta gli è stato concesso. Davanti sia Babacar che Lapadula hanno supportato i compagni e sopportato una mole di lavoro intensa, fatta di sacrificio, continue rincorse e seguenti ripartenze negli spazi. I subentrati, Majer e Falco, non sono stati da meno e si son calati immediatamente nello spirito della gara. Il Lecce ha sofferto, sicuramente, ma ha anche contrattaccato sfiorando il gol in almeno tre o quattro occasioni, appena una o due in meno di quelle procurate dall'Inter; c'è stato anche un palo a testa nelle conclusioni. Spettacolare e violento quello di Brozovic, precisa quasi chirurgica la punizione di Filippo Falco. Il pareggio è giusto, consente al Lecce di aggiungere un altro punto alla sua classifica ma nello stesso tempo regala nuova consapevolezza agli interpreti. I giallorossi hanno dimostrato ancora una volta di essere un gruppo eccezionale che riesce ad “uscire” anche nelle difficoltà. Proprio questo è ciò che occorre per lottare fino all'ultimo minuto dell'ultima partita, per lasciare sempre aperta la porta della speranza.
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